Il presente contributo vuole intervenire sul dibattuto tema della causalità (o μοναρχία) del Padre nella teologia di Gregorio Nazianzeno. In modo particolare, in forza delle diversificate e spesso contrastanti interpretazioni della critica, si intende offrire una rilettura dei passi salienti del terzo discorso teologico (= or. XXIX) che più direttamente fanno emergere come il ‘volto del Padre’ costituisca il fondamento della Trinità al livello dell’ontologia: si sostiene infatti che il Nazianzeno distingue in modo netto la μοναρχία intesa in senso ‘morale’ (indicante l’unico volere e l’unico onore, da attribuire quindi indistintamente ed equamente ai Tre) dall’ἀρχή (o anche αἰτία/αἴτιον), quest’ultima sola da comprendere in senso ontologico e, in quanto tale, sempre riferita al Padre, in linea con l’ontologia dell’hypostasis sviluppata e perfezionata dai Cappadoci (Cross 2006; Zizioulas 2006, pp. 131-134). Tale soluzione, che sarà poi riflessa nel Credo costantinopolitano, integra e completa la teologia sostanzialista del primo concilio niceno, chiarendo in modo univoco che non può essere l’οὐσία il principio ontologico dell’essere trinitario: per Gregorio, solo accettando che sia una Persona — costituita ontologicamente come relazione (or. XXIX, 16) — il principio primo dell’essere di Dio è possibile evitare di introdurre la nozione di necessità e costrizione nella generazione del Figlio (or. XXIX, 2; 17) e nella processione dello Spirito Santo. Come conseguenza di ciò, nella relazione si porrà in luce il fatto che la Persona del Padre, nel ‘movimento generazionale’ (or. XXIX, 2), non trasmette affatto una sostanza divina preventivamente posseduta, il cosa è (in qual caso incorrerebbe nell’accusa eunomiana di condivisione e conseguente divisione dell’οὐσία), bensì il come è: generando il Figlio e facendo procedere lo Spirito Santo, il Padre causa l’alterità personale. In questo senso, come ὑπόστασις maggiore per causalità, vanno intese con Gregorio le espressioni bibliche come quella ripresa in or. XXIX,15 (Io. 14, 28 ὁ πατὴρ μείζων μού ἐστιν), contro le quali si appuntano gli strali degli eunomiani. Le porzioni di testo coinvolte saranno analizzate, dove le fonti vengano in supporto, anche con l’aiuto della tradizione patristica successiva al Cappadoce.

Il volto del Padre nel principio di causalità ontologica di Gregorio Nazianzeno: (ri)considerazioni attorno ai passi salienti dell'orazione XXIX

Francesco Vanoni
2024-01-01

Abstract

Il presente contributo vuole intervenire sul dibattuto tema della causalità (o μοναρχία) del Padre nella teologia di Gregorio Nazianzeno. In modo particolare, in forza delle diversificate e spesso contrastanti interpretazioni della critica, si intende offrire una rilettura dei passi salienti del terzo discorso teologico (= or. XXIX) che più direttamente fanno emergere come il ‘volto del Padre’ costituisca il fondamento della Trinità al livello dell’ontologia: si sostiene infatti che il Nazianzeno distingue in modo netto la μοναρχία intesa in senso ‘morale’ (indicante l’unico volere e l’unico onore, da attribuire quindi indistintamente ed equamente ai Tre) dall’ἀρχή (o anche αἰτία/αἴτιον), quest’ultima sola da comprendere in senso ontologico e, in quanto tale, sempre riferita al Padre, in linea con l’ontologia dell’hypostasis sviluppata e perfezionata dai Cappadoci (Cross 2006; Zizioulas 2006, pp. 131-134). Tale soluzione, che sarà poi riflessa nel Credo costantinopolitano, integra e completa la teologia sostanzialista del primo concilio niceno, chiarendo in modo univoco che non può essere l’οὐσία il principio ontologico dell’essere trinitario: per Gregorio, solo accettando che sia una Persona — costituita ontologicamente come relazione (or. XXIX, 16) — il principio primo dell’essere di Dio è possibile evitare di introdurre la nozione di necessità e costrizione nella generazione del Figlio (or. XXIX, 2; 17) e nella processione dello Spirito Santo. Come conseguenza di ciò, nella relazione si porrà in luce il fatto che la Persona del Padre, nel ‘movimento generazionale’ (or. XXIX, 2), non trasmette affatto una sostanza divina preventivamente posseduta, il cosa è (in qual caso incorrerebbe nell’accusa eunomiana di condivisione e conseguente divisione dell’οὐσία), bensì il come è: generando il Figlio e facendo procedere lo Spirito Santo, il Padre causa l’alterità personale. In questo senso, come ὑπόστασις maggiore per causalità, vanno intese con Gregorio le espressioni bibliche come quella ripresa in or. XXIX,15 (Io. 14, 28 ὁ πατὴρ μείζων μού ἐστιν), contro le quali si appuntano gli strali degli eunomiani. Le porzioni di testo coinvolte saranno analizzate, dove le fonti vengano in supporto, anche con l’aiuto della tradizione patristica successiva al Cappadoce.
2024
9788864347240
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1176695
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