Esiste oramai una consolidata storiografia che ha preso in esame il ruolo delle sedi diplomatiche – in età moderna, nell’Ottocento fino ad arrivare ad oggi – sotto il profilo della raccolta e trasmissione delle informazioni, ossia dell’intelligence, per usare un termine attuale. È parimenti noto, anche se meno studiato, il ruolo svolto dalle sedi consolari nell’ambito dell’informazione marittima (penso ai lavori di Marcella Aglietti, Carlo Bitossi e Luca Lo Basso). Nel mio intervento voglio presentare alcuni risultati, preliminari e circostanziati, di una ricerca che sto portando avanti da circa un anno e che ha come scopo quello di gettare uno sguardo di ampio respiro sui sistemi di intelligence dello Stato genovese tra Seicento e Settecento. Da tale ricerca, sviluppata a partire dalla sede consolare di Livorno, è emerso come le reti attraverso cui il console genovese del porto labronico raccoglie informazioni si strutturino, e vengano istituzionalizzate, nel corso del medio Settecento in relazione alle necessità connesse alle guerre di Corsica (1729-1768). Questo conflitto, come è noto, dal punto di vista genovese viene affrontato in primo luogo come un problema di polizia e di controllo del territorio. Il sistema informativo, di conseguenza, viene “tarato” progressivamente in funzione di tale approccio, che, sotto il profilo marittimo, comprende in primo luogo – ma non solo – la lotta ai traffici di contrabbando che alimentano lo sforzo bellico dei sollevati corsi. La documentazione prodotta dai due consoli che si succedono nella sede livornese durante il conflitto (Bartolomeo Domenico Gavi e suo figlio, Giovanni Antonio Gavi) dimostra come ai tradizionali strumenti di raccolta di informazione degli apparati consolari, le “novità di mare”, si affianchino progressivamente reti di informatori più o meno ampie. E dimostra altresì come queste reti siano dapprima costituite quasi esclusivamente da fiduciari, ossia da informatori occasionali e “informali”, per poi assumere via via – sotto lo stimolo prodotto dal perdurare del conflitto – una forma, almeno in parte, definita e istituzionalizzata attraverso l’organizzazione di una rete permanente di soggetti regolarmente stipendiati. Una rete che agisce sul territorio con particolare e forse sorprendente efficacia, attraverso la quale i consoli Gavi estendono il loro raggio di azione oltre l’ambito marittimo propriamente detto, andando a coprire parte all’entroterra toscano, e trasformando quello che prima era un flusso intermittente e disomogeneo di informazioni sull’operato dei sollevati corsi e dei loro aderenti in una massa continua e dettagliata di notizie che da Livorno prende la via di Genova, di Bastia e, all’occorrenza, di altre sedi consolari e diplomatiche
"Amici e persone di confidenza". Le reti informative del consolato genovese a Livorno nel Settecento
Emiliano Beri
2025-01-01
Abstract
Esiste oramai una consolidata storiografia che ha preso in esame il ruolo delle sedi diplomatiche – in età moderna, nell’Ottocento fino ad arrivare ad oggi – sotto il profilo della raccolta e trasmissione delle informazioni, ossia dell’intelligence, per usare un termine attuale. È parimenti noto, anche se meno studiato, il ruolo svolto dalle sedi consolari nell’ambito dell’informazione marittima (penso ai lavori di Marcella Aglietti, Carlo Bitossi e Luca Lo Basso). Nel mio intervento voglio presentare alcuni risultati, preliminari e circostanziati, di una ricerca che sto portando avanti da circa un anno e che ha come scopo quello di gettare uno sguardo di ampio respiro sui sistemi di intelligence dello Stato genovese tra Seicento e Settecento. Da tale ricerca, sviluppata a partire dalla sede consolare di Livorno, è emerso come le reti attraverso cui il console genovese del porto labronico raccoglie informazioni si strutturino, e vengano istituzionalizzate, nel corso del medio Settecento in relazione alle necessità connesse alle guerre di Corsica (1729-1768). Questo conflitto, come è noto, dal punto di vista genovese viene affrontato in primo luogo come un problema di polizia e di controllo del territorio. Il sistema informativo, di conseguenza, viene “tarato” progressivamente in funzione di tale approccio, che, sotto il profilo marittimo, comprende in primo luogo – ma non solo – la lotta ai traffici di contrabbando che alimentano lo sforzo bellico dei sollevati corsi. La documentazione prodotta dai due consoli che si succedono nella sede livornese durante il conflitto (Bartolomeo Domenico Gavi e suo figlio, Giovanni Antonio Gavi) dimostra come ai tradizionali strumenti di raccolta di informazione degli apparati consolari, le “novità di mare”, si affianchino progressivamente reti di informatori più o meno ampie. E dimostra altresì come queste reti siano dapprima costituite quasi esclusivamente da fiduciari, ossia da informatori occasionali e “informali”, per poi assumere via via – sotto lo stimolo prodotto dal perdurare del conflitto – una forma, almeno in parte, definita e istituzionalizzata attraverso l’organizzazione di una rete permanente di soggetti regolarmente stipendiati. Una rete che agisce sul territorio con particolare e forse sorprendente efficacia, attraverso la quale i consoli Gavi estendono il loro raggio di azione oltre l’ambito marittimo propriamente detto, andando a coprire parte all’entroterra toscano, e trasformando quello che prima era un flusso intermittente e disomogeneo di informazioni sull’operato dei sollevati corsi e dei loro aderenti in una massa continua e dettagliata di notizie che da Livorno prende la via di Genova, di Bastia e, all’occorrenza, di altre sedi consolari e diplomaticheI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



