The implementation of the Regulations adopted by the EU in the context of so-called civil judicial cooperation has assumed an increasing importance over the last twenty years, due to the progressive expansion of the areas of intervention of the legislator of the European Union. Nonetheless, some of the repercussions of such uniform legislation do not seem to have been appropriately reversed, by the Italian national legislator, into the code of civil procedure and into the other special provisions aimed at ruling civil proceedings. With regard to the recognition and enforcement of foreign judgments and orders, it appears that notwithstanding the ever more pressing need to address the matter in a complete and organic manner, a situation of inertia has prevailed in the Italian legal system, moving from the idea that, where compatible with the new EU Regulations, the domestic procedural rules could also be adapted to the intra-European circulation of judgments. This has resulted in a rather fragmentary and incomplete internal regulatory framework of civil procedure, so affecting the principle of legal certainty due to the lack of specific provisions aimed at implementing the EU discipline dedicated to the free movement of judgments and orders. Moreover, the EU Regulations here considered require that each country informs the Commission, by means of a formal communication, of the internal procedures that may be relevant in the application of the uniform discipline (with particular reference to the competent national authorities and to the specific applicable procedures): now, it seems that the content of the Italian communications is, in some cases, not only devoid of an adequate legislative basis of reference from the point of view of the national system, but even unreasonable and incoherent if observed in a systemic perspective, even after the 2022 reform so-called «Cartabia».

Il tema dell’attuazione dei regolamenti adottati dall’UE nel contesto della cd. cooperazione giudiziaria civile ha assunto nel corso dell’ultimo ventennio un crescente rilievo, in ragione del progressivo ampliarsi delle aree di intervento del legislatore dell’Unione. Nondimeno, alcune ricadute di siffatta normativa uniforme non sembrano essere state opportunamente ribaltate, ad opera del legislatore nazionale, nel codice di rito e nelle leggi speciali chiamate a disciplinare la materia del processo civile. Sul fronte del riconoscimento e dell’attuazione delle decisioni e dei provvedimenti stranieri, pare che innanzi alla necessità sempre più pressante di affrontare la materia in modo completo ed organico, nell’ordinamento italiano sia prevalsa una situazione di inerzia più o meno consapevolmente resa possibile dall’idea di fondo per cui, laddove compatibili con i nuovi regolamenti, le norme di diritto comune ben avrebbero potuto adattarsi anche alla circolazione intraeuropea delle decisioni. Ne è derivato un quadro normativo interno di riferimento, a livello di diritto processuale, piuttosto frammentario e lacunoso, nel contesto del quale il principio della certezza del diritto pare essere messo in discussione a causa della mancanza di specifiche previsioni tese ad attuare la disciplina dell’UE dedicata alla libera circolazione delle sentenze e dei provvedimenti nel cd. spazio giudiziario europeo. E se i regolamenti su cui poggia tale spazio giudiziario integrato richiedono che ciascun Paese destinatario delle proprie norme renda note alla Commissione, tramite comunicazione formale, le procedure interne passibili di venire in rilievo in sede di applicazione della disciplina uniforme (con particolare riferimento alle autorità nazionali competenti e allo specifico rito applicabile), sembra potersi attualmente rilevare come il contenuto delle comunicazioni effettuate dall’Italia risulti, in alcuni casi, non soltanto privo di un’adeguata base legislativa di riferimento nell’ottica dell’ordinamento nazionale, ma perfino irragionevole ed incoerente se osservato in prospettiva di sistema, anche a valle della riforma cd. «Cartabia» del 2022.

Il riconoscimento delle decisioni straniere in materia civile tra previsioni sulla competenza funzionale del giudice interno e comunicazioni alla Commissione europea

F. Pesce
2025-01-01

Abstract

The implementation of the Regulations adopted by the EU in the context of so-called civil judicial cooperation has assumed an increasing importance over the last twenty years, due to the progressive expansion of the areas of intervention of the legislator of the European Union. Nonetheless, some of the repercussions of such uniform legislation do not seem to have been appropriately reversed, by the Italian national legislator, into the code of civil procedure and into the other special provisions aimed at ruling civil proceedings. With regard to the recognition and enforcement of foreign judgments and orders, it appears that notwithstanding the ever more pressing need to address the matter in a complete and organic manner, a situation of inertia has prevailed in the Italian legal system, moving from the idea that, where compatible with the new EU Regulations, the domestic procedural rules could also be adapted to the intra-European circulation of judgments. This has resulted in a rather fragmentary and incomplete internal regulatory framework of civil procedure, so affecting the principle of legal certainty due to the lack of specific provisions aimed at implementing the EU discipline dedicated to the free movement of judgments and orders. Moreover, the EU Regulations here considered require that each country informs the Commission, by means of a formal communication, of the internal procedures that may be relevant in the application of the uniform discipline (with particular reference to the competent national authorities and to the specific applicable procedures): now, it seems that the content of the Italian communications is, in some cases, not only devoid of an adequate legislative basis of reference from the point of view of the national system, but even unreasonable and incoherent if observed in a systemic perspective, even after the 2022 reform so-called «Cartabia».
2025
Il tema dell’attuazione dei regolamenti adottati dall’UE nel contesto della cd. cooperazione giudiziaria civile ha assunto nel corso dell’ultimo ventennio un crescente rilievo, in ragione del progressivo ampliarsi delle aree di intervento del legislatore dell’Unione. Nondimeno, alcune ricadute di siffatta normativa uniforme non sembrano essere state opportunamente ribaltate, ad opera del legislatore nazionale, nel codice di rito e nelle leggi speciali chiamate a disciplinare la materia del processo civile. Sul fronte del riconoscimento e dell’attuazione delle decisioni e dei provvedimenti stranieri, pare che innanzi alla necessità sempre più pressante di affrontare la materia in modo completo ed organico, nell’ordinamento italiano sia prevalsa una situazione di inerzia più o meno consapevolmente resa possibile dall’idea di fondo per cui, laddove compatibili con i nuovi regolamenti, le norme di diritto comune ben avrebbero potuto adattarsi anche alla circolazione intraeuropea delle decisioni. Ne è derivato un quadro normativo interno di riferimento, a livello di diritto processuale, piuttosto frammentario e lacunoso, nel contesto del quale il principio della certezza del diritto pare essere messo in discussione a causa della mancanza di specifiche previsioni tese ad attuare la disciplina dell’UE dedicata alla libera circolazione delle sentenze e dei provvedimenti nel cd. spazio giudiziario europeo. E se i regolamenti su cui poggia tale spazio giudiziario integrato richiedono che ciascun Paese destinatario delle proprie norme renda note alla Commissione, tramite comunicazione formale, le procedure interne passibili di venire in rilievo in sede di applicazione della disciplina uniforme (con particolare riferimento alle autorità nazionali competenti e allo specifico rito applicabile), sembra potersi attualmente rilevare come il contenuto delle comunicazioni effettuate dall’Italia risulti, in alcuni casi, non soltanto privo di un’adeguata base legislativa di riferimento nell’ottica dell’ordinamento nazionale, ma perfino irragionevole ed incoerente se osservato in prospettiva di sistema, anche a valle della riforma cd. «Cartabia» del 2022.
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